Homo naledi, la nuova specie di ominide da poco scoperta, aveva un repertorio di capacità di locomozione più ampio degli australopitechi, dato che poteva spostarsi in modo perfettamente bipede e restare normalmente in posizione eretta, ma anche dell’essere umano moderno, poiché conservava alcuni tratti più primitivi della mano e del piede che gli consentivano di arrampicarsi e spostarsi fra i rami con facilità.Nel 2013 nella grotta di Rising Star, in Sudafrica, è stata scoperta una straordinaria quantità di resti fossili di un ominide. La loro classificazione e ricomposizione ha permesso di stabilire che appartenevano a una nuova specie di ominide fino ad allora sconosciuta, battezzata Homo naledi e annunciata poche settimane fa.
Analisi più approfondite della mano e del piede di H naledi confermano e, anzi, accentuano l’unicità di questa specie di Homo con cui i paleoantropologi si trovano ora a dover fare i conti nella ricostruzione dell’albero filogenetico del nostro genere e della nostra specie. I risultati di questi studi sono descritti in due articoli pubblicati sull’ultimo numero di “Nature Communications”.
Il primo studio, a prima firma Tracy L. Kivell, ha analizzato approfonditamente la mano, che rivela un pollice lungo e robusto e una morfologia del polso che che si ritrova nei Neanderthal e negli esseri umani moderni, e che sono considerati adattativi per una elevata capacità di manipolazione degli oggetti.
Tuttavia, le ossa delle dita sono più lunghe e più incurvate rispetto non solo all’essere umano moderno, ma anche alla maggior parte degli australopitechi, indicando che la mano era ben adatta anche per afferrare i rami per arrampicarsi sugli alberi e sostenere il corpo in posizione sospesa.
Il secondo studio, a prima firma W.E.H. Harcourt-Smith, è invece dedicato al piede di questo antico ominide. Si tratta di un piede sostanzialmente moderno: morfologia dell’alluce, allungamento del tarso e struttura della caviglia e dell’articolazione calcaneo-cuboidea testimoniano
in maniera chiara che H. naledi era abituato alla stazione eretta e a camminare in modo bipede. Eppure anche in questo caso si riscontrano alcuni dettagli, in particolare la curvatura delle falangi prossimali del piede, che rimandano a una buona capacità di arrampicarsi sugli alberi.
Secondo i ricercatori, tutti questi caratteri indicano che H. naledi doveva avere un repertorio di capacità di locomozione più ampio sia degli australopitechi, poiché era perfettamente a suo agio con la camminata bipede, sia dell’uomo moderno, poiché si poteva comunque arrampicare e spostare fra i rami molto più agevolmente.