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Armenia : la passione del Nagorno – Karabach

di Luigi Sandri

Nagorno Karabakh

La passione degli armeni continua, nel Nagorno-Karabach, regione interna dell’Azerbaigian il quale di fatto ora controlla, o spesso impedisce, ogni accesso a quel territorio dove, dunque, la popolazione – circa centoventimila abitanti sparsi su una superficie di undicimila kmq – sopravvive di stenti. Sullo sfondo, oltre ad una tragedia umanitaria, un nuovo capitolo dello scontro tra musulmani e cristiani.

Quando, negli anni Venti del secolo scorso, nacque l’Unione sovietica, Stalin volle che il Nagorno-Karabach (singolare nome formato da una parola russa e una turca, e che significa “Giardino nero di montagna”), in grande prevalenza abitato da armeni, cristiani, fosse una regione autonoma all’interno dell’Azerbaigian, massicciamente musulmano. Dopo che, nel 1991, l’Urss collassò, il NK si proclamò indipendente: uno Stato protetto dall’Armenia ma considerato “inesistente” dalle autorità di Baku, la capitale azera. Ne seguirono, fino ai nostri giorni, guerre, armistizi, fragili paci subito seguiti da recrudescenze armate.

NAGORNO-KARABAKH – NOVEMBER Dadivank monastery.

Infine anche l’Armenia è stata sconfitta, e il “corridoio di Lachin”, l’unico passaggio dal territorio conteso al Paese protettore, è totalmente controllato dall’Azerbaigian che, con pieni poteri, e col contagocce, permette che entrino nel NK viveri e medicinali. La radice della permanente contrapposizione è, naturalmente, geopolitica; ma gioca la sua parte anche la religione. Nel Caucaso, infatti, storicamente si formò, di fatto, il confine tra il mondo cristiano e quello musulmano. Tuttavia, benché l’Armenia nel 301 sia stato il primo Paese a proclamarsi ufficialmente cristiano, gli armeni si separarono, dal punto di vista della religione, dai bizantini, perché non riconobbero il modo con cui il Concilio di Calcedonia nel 451 definì il mistero di Cristo, vero Dio e vero uomo. Essi, dunque, non sono “ortodossi”, come invece i greci e i russi. Tuttavia, oggi, il Cremlino si proclama amico della causa armena. Però il leader russo, Vladimir Putin, deve fare i conti con il presidente turco Erdogan, il grande protettore dell’Azerbaigian. In filigrana, vi è dunque anche una sfida tra cristiani e musulmani. Ma ragioni geopolitiche, a quanto pare, spingono la Russia a lasciar da parte la difesa dei cristiani armeni per non inimicarsi la Turchia. E quindi il destino del Nagorno-Karabach è segnato: e, salvo un miracolo, la minoranza armeno-cristiana rischia di scomparire da quel territorio. E i molti simboli cristiani, come le chiese con le caratteristiche cupole a cono, forse saranno abbattute. Triste finale di una storia antica.

La Chiesa apostolica armena – che ha buoni rapporti con il papa: sia Giovanni Paolo II che Francesco hanno visitato Etchmiadzin, la “città santa” degli armeni che si trova a pochi chilometri da Erevan, la capitale della Repubblica – fa quello che può per assistere il NK; e spera che l’Azerbaigian difenda la libertà religiosa nel Paese. Ma la commistione religione-politica complica ogni possibilità di un ragionevole compromesso.

Articolo di Luigi Sandri.

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