Cape Morris Jesup è la stazione meteorologica più settentrionale del mondo, ad appena 600 chilometri dal Polo Nord, dove il Sole tramonta a ottobre e non si fa più vedere fino a marzo. Lì il 20 febbraio, mentre dalle nostre parti ci lamentavamo del «gelo siberiano», la colonnina di mercurio è rimasta sopra lo zero per ventiquattr’ore filate. In un posto dove di solito in inverno si registrano temperature tra i –22 e i –30. E lo stesso accadeva in alcune località dell’Alaska. Nella regione artica, a fine febbraio, le temperature erano 20-25 gradi sopra la media stagionale.
A inizio maggio stava succedendo la stessa cosa, più o meno, con temperature superiori alla norma di 17 gradi. Ma non è tutto, anzi.
Sono almeno una decina – racconta Jennifer Francis in queste pagine – i parametri per cui il clima artico negli ultimi anni ha fatto segnare nuovi, preoccupanti record. Tra questi, l’estensione e il volume del ghiaccio nella stagione invernale, che sono scesi rispettivamente del 14 e del 42 per cento rispetto al 1979. E il vapore acqueo in atmosfera, che intrappola il calore contribuendo all’aumento dell’effetto serra.
Quarant’anni di studi hanno ormai accertato che l’Artico è estremamente sensibile ai cambiamenti climatici. L’aumento delle temperature nella regione è di 2-3 gradi superiore a quanto accade alle medie latitudini, vale a dire dalle nostre parti. E i dati che stanno emergendo di recente delineano un quadro molto poco rassicurante: se tutto va bene, le previsioni dei climatologi sono state fin troppo ottimistiche.
In genere, uno degli argomenti preferiti di chi minimizza l’impatto del cambiamento climatico è «ma la Terra è
stata anche più calda di così». È innegabile. Ma è l’equivalente di nascondere la spazzatura – nemmeno la polvere – sotto il tappeto.
«L’ultima volta che l’Artico è stato poco più caldo di oggi», scrive Jennifer Francis, era 125.000 anni fa. A quel tempo Homo sapiens vagabondava in sparuti gruppi di cacciatori-raccoglitori e stava per avventurarsi per la prima volta fuori dall’Africa. Il livello degli oceani, si stima, era di 4-6 metri più alto di oggi. Se il rapido riscaldamento in corso portasse alla stessa situazione sparirebbero Miami, New Orleans, Manhattan, Venezia, Londra e Shanghai. È una delle differenze tra quando «la Terra è stata più calda di così» e oggi. E non mi pare trascurabile.