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Brasile: crisi sanitaria, economica, istituzionale

di Antonio Vermigli – Rete Radie Resh di Quarrata

Brasile: crisi sanitaria, economica, istituzionale

L’editoriale della rivista scienfica britannica di riferimento internazionale The Lancet del 9 maggio 2020 denuncia senza mezzi termini la situazione negativa della gestione della pandemia di coronavirus del governo Bolsonaro. Al 15 maggio i numeri ufficiali registravano nella Federazione (210 milioni di cittadini/e) 218.223 casi positivi, 84.970 recuperati, 14.817 morti. Nello Stato di San Paolo (44 milioni) i contagiati sono 38.479, i morti 4501; nel municipio di San Paolo (12 milioni) 38.49 e 2813 rispettivamente. Si ritiene che la sottostima chieda di moltiplicare  da 4 a 6 volte i dati ufficiali. Il decorso dell’ epidemia è in fase ascendente ed espansiva, mentre i posti letto del SUS/Sistema unico di salute pubblico sono già molto occupati.

In questo contesto fin dall’inizio della manifestazione della malattia il 26 febbraio il signor Bolsonaro ha assunto una posizione, unica al mondo, negazionista e di attacco primitivo alla scienza che si protrae nonostante la gravità evidente della situazione. In una pratica di necropolitica, continui comportamenti offensivi (non usare la maschera, convocare manifestazioni, dedicarsi a momenti ludici in mezzo al lutto ecc.) si mescolano ad affermazioni antiscientifiche (è un raffreddore, certe medicine guariscono ecc.). Negli ultimi giorni continui sono gli appelli del signor Bolsonaro alla necessità economica di riaprire tutte le attività e di ritornare tutti al lavoro in disprezzo, anche espresso verbalmente,  del distanziamento sociale, dell’uso continuativo di protezione individuale, di attenzione igienica.  Molti ovviamente imitano questo pessimo esempio che viene dall’alto.

Il momento vede sommarsi tre crisi diverse: quella sanitaria affrontata a livello federale con leggerezza, quella economica peggiorata da misure tardive e inadeguate, quella istituzionale dovuta al ripetersi da parte di componenti dell’esecutivo e della società civile come attori, imprenditori, opinionisti di azioni fuori dalla Costituzione. In questo contesto si è prodotta una rottura fra esecutivo federale e governatori degli stati espressa in modo inappellabile dal governatore di San Paolo il 15 maggio durante una delle quotidiane conferenze stampa. Si riporta il testo del discorso che ben trasmette il livello del contrasto. La continua propaganda contro la quarantena e le altre misure di prevenzione ben note ha conseguenze gravi: a San Paolo l’indice di confinamento è al 48%, molto basso per contenere il contagio dato che sappiamo che bisogna arrivare almeno al 60%. Certamente maggiore fermezza nei controlli sarebbe necessaria, ma sia la capitale che lo Stato hanno leader di centro destra assai  prudenti. Ad esempio non coinvolgono le molte aggregazioni dei movimenti sociali per operare nelle periferie. Le quali in parte si organizzano in modo autonomo, ma una collaborazione istituzioni/movimenti sociali organizzati avrebbe un effetto sinergico. Ma non ci si può illudere con  chi ha scelto nel 2018 di appoggiare Bolsonaro per un progetto neoliberista (divenuto rapidamente fascistizzante).

Diversa è la gestione  fra gli stati del Nordeste già riuniti da luglio 2019 in un consorzio di coordinamento e oggi guidati nell’azione di contrasto al coronavirus dal un interessante comitato scientifico che lavora a stretto contatto con la popolazione in loco anticipando l’accompagnamento sanitario prima che tutto ricada sugli ospedali. Un metodo un po’ simile, da quello che si legge, con quanto fatto nello stato indiano del Kerala con risultati egregi. Quando quest’onda di tempesta si sarà acquietata sarà utile fare uno studio comparato sui diversi metodi di contrasto e contenimento del contagio applicati dalle amministrazioni e dai gruppi sociali attivi.

In questa situazione gravissima e con un carico di sofferenze disumano e volontariamente esasperato ci si può domandare come nonostante tutto il signor Bolsonaro mantenga un appoggio non giustificato da fatti reali. Traduco un articolo del sociologo Jessé Souza che da anni studia la élite brasiliana. È un testo interessante che ragiona sull’avanzare dell’ideologia dell’odio e del razzismo come strumento per conquistare adesione politica e di conseguenza consenso elettorale che porta ai più alti incarichi politici persone destabilizzanti e incuranti di regole e procedure democratiche. È un testo che non parla solo del Brasile, conviene leggerlo e pensarci un po’ su.

Infine segnalo un articolo, che peraltro ha già avuto una discreta eco, del Financial Times sul contagio che colpisce, oggi come nella  conquista, le popolazioni native storicamente isolate e con condizioni immunitarie diverse da quelle di altri gruppi.  (T.I.)

Il governatore dello Stato di San Paolo João Doria in conferenza stampa il 15 maggio 2020

… Desidero anche sottolineare  che il giornale Globo di oggi ha rivelato in un articolo che il governo Bolsonaro sta deliberatamente ritardando la liberazione di risorse per gli stati brasiliani come forma di ricatto ai governatori statali. Il gesto dimostra una volta di più l’ insensibilità, l’intolleranza e l’ incapacità del presidente Jair Bolsonaro di capire la dimensione della carica che occupa come presidente della Repubblica. Il presidente Bolsonaro mescola i canali e pensa che governare il Brasile sia amministrare la sua famiglia. Non è così, presidente. Governare il Brasile è avere sensibilità e capacità e visione per  governare per tutti i brasiliani, quelli che l’ hanno eletto e quelli che non l’ hanno eletto. Brasiliani di tutte le parti del paese. L’atteggiamento di ricattare i governatori di Stato perché hanno compiuto il proprio dovere e il proprio obbligo di rispettare  la scienza  e la salute per proteggere la vita dei brasiliani è un gesto deplorevole e spero che il presidente compia, se ne è capace, la sua promessa di meno Brasilia e più Brasile e anche la sua promessa di obbedire al patto federativo. San Paolo a fianco degli altri 26 stati brasiliani intende per difendere l’interesse della popolazione e soprattutto la vita dei brasiliani.

Presidente Bolsonaro, si ricordi che fino a questo momento 14.000 brasiliani hanno perso la vita … non siamo in un gioco, non siamo in un campionato di jetski, non stiamo competendo al tiro al bersaglio, non stiamo facendo una grigliata nel giardino del Palazzo dell’Alvorada/Aurora, siamo in una gravissima crisi di salute, di vita e di economia, presidente. (I  riferimenti sono agli atti ludici pubblici di Bolsonaro in mezzo al lutto).

Il Brasile si sveglia spaventato con le quotidiane crisi per aggressioni gratuite, aggressioni alla democrazia, aggressioni alla Costituzione, aggressioni alle istituzioni, aggressioni al Congresso Nazionale, aggressioni al Supremo Tribunale Federale, aggressioni alla stampa, aggressioni e insulti a giornalisti,  aggressioni a ministri del suo stesso governo, come lei ha fatto e continua a fare. Lo ha fatto con Gustavo Bebianno, lo ha fatto con il generale Santos Cruz, lo ha fatto con Sérgio Moro, lo ha fatto con Luiz Henrique Mandetta e adesso anche con Nelson Teich. (È l’elenco dei ministri e alti funzionari sollevati dall’incarico durante quasi un anno e mezzo di presidenza).

Presidente Bolsonaro,  governi, amministri il suo paese, con equilibrio, con pace nel cuore, con comprensione, con discernimento e con grandezza. La smetta con le aggressioni, la smetta con i conflitti, la smetta di porre il paese in un crogiolo di interminabili litigi ed attriti. Il paese per vincere la pandemia ha bisogno di essere unito e in pace.

Bolsonaro e razzismo nella pandemia di Jessé Souza

Jair Bolsonaro è probabilmente l’unico capo di Stato al mondo che ancora nega i pericoli del corona virus. Sebbene in qualunque altro luogo siano state prese misure restrittive, il presidente brasiliano sembra che continui a sentire la necessità di giocare con la pandemia, che riduce a “piccolo raffreddore”. Addirittura fa massiccia propaganda contro la quarantena e personalmente indice comizi contro la chiusura dei negozi. Dice anche che persone anziane e con malattia cronica che moriranno di Covid-19 morirebbero comunque, e che la morte di alcune migliaia di persone non deve fermare l’economia. In questo periodo Bolsonaro una volta di più dimostra la sua incapacità quasi patologica di esprimere un qual si voglia tipo di empatia. Ha imparato con l’ex consigliere capo di Donald Trump, Steve Bannon, e con il suo apprendista stregone  brasiliano, il giornalista conservatore e teorico della cospirazione  Olavo de Carvalho, dal quale  lui stesso e i suoi figli sono considerati “guru intellettuali” dell’idea che le emozioni umane più forti sono l’odio e il risentimento. E l’ascesa di Bolsonaro mostra che coloro che hanno accesso a una “fionda di notizie false”, come WhatsApp, e hanno denaro sufficiente possono mantenere il proprio elettorato felice semplicemente manipolando l’odio senza la necessità di offrire loro nulla. In definitiva il Congresso brasiliano, il Supremo tribunale federale e i governatori di tutti gli stati si sono opposti al presidente. Il figlio di Bolsonaro, Eduardo, deputato federale, ha recentemente affermato che il virus era parte di una strategia cinese per governare il mondo. La Cina, maggior partner commerciale e investitore del Brasile, ha risposto ufficialmente che un virus aveva contaminato il cervello. Pochi giorni fa, il ministro dell’educazione aveva scatenato una crisi diplomatica fra i due paese diffondendo propaganda razzista contro la Cina su Twitter.

In questo contesto, i generali del governo – che dirigono la maggioranza dei ministeri- sotto il comando dell’attuale  presidente di fatto generale Walter Souza Braga Netto hanno assunto la guida dell’esecutivo e riposizionato Bolsonaro a una figura puramente decorativa. Per questo inizialmente avevano impedito di dimettere il ministro della Salute, il medico Luiz Henrique Mandetta. In controtendenza rispetto agli indirizzi di Bolsonaro su come affrontare la crisi, Mandetta, molto popolare,  seguiva le raccomandazioni dell’OMS/Organizzazione mondiale della sanità e aveva proposto una strada difficile contro il propagarsi della pandemia. Ma alla fine Bolsonaro è riuscito a prevalere.

Bolsonaro sta perdendo consenso soprattutto nella classe media più istruita, almeno da quanto dicono i sondaggi di opinione e anche le proteste serali nelle aree residenziali benestanti con panelaços (il noto battere le pentole alle finestre). Tuttavia ciò che è davvero degno di riflessione è la popolarità quasi non intaccata di Bolsonaro, con l’appoggio stabile di circa un terzo dell’elettorato, soprattutto fra i membri delle chiese evangeliche nella classi più povere. Questo gli consente di avanzare nelle sua agenda neoliberista. Ed è particolarmente drammatico che Bolsonaro incentivi i suoi più leali seguaci ad agire in modo irresponsabile. Come spiegare questo grado di pazzia collettiva?  

Il leader della “immondizia bianca” (escória branca: il termine è stato cognato nel sud degli Usa per indicare in modo peggiorativo i componenti delle classi bianche basse). 

Bolsonaro è rappresentante e leader principalmente della “immondizia bianca” brasiliana. In Brasile essa non include solo persone di pelle bianca: anche molti neri si identificano con il populismo di estema destra e negano che vi sia razzismo in Brasile. I componenti della Spazzatura Bianca si sentono svantaggiati rispetto alla classe media bianca e appoggiano la critica di Bolsonaro contro scienza, ricerca e arte spinti da tale sentimento. Dal momento che la “conoscenza” come capitale culturale – la base dei privilegi della classe medio-alta – è intuitivamente percepita dal punto di vista della “immondizia bianca” come la ragione della sua privazione di privilegi, questo gruppo si accoda in modo quasi incondizionato alla crociata oscurantista del presidente. Allo stesso tempo essa compensa il suo sentimento di inferiorità attraverso l’odio e la violenza contro i poveri e i neri che sono ancora più in basso nella gerarchia sociale e sopprimono  ogni forma della loro cultura. Questa oppressione è realizzata con estrema brutalità: in specifico adolescenti neri delle favelas sono uccisi ogni anno a migliaia.

In questa logica la prospettiva di una catastrofe sanitaria nei quartieri poveri, in cui le famiglie vivono in contiguità stretta e in condizioni igieniche miserevoli, per certi gruppi sembra una promessa. L’informazione che coronavirus ucciderà molti anziani e poveri nelle favelas è musica per le orecchie dei seguaci radicali di Bolsonaro. Ci si augura che la morte di molti anziani, appunto, possa ridurre il deficit del sistema previdenziale. Allo stesso tempo, le milizie usano il caos nelle favelas per favorire il loro modello di affari simile a mafie. Ogni morte di giovane nero, che non potrà diventare un “criminale”, è festeggiata con cinismo come “ pulizia etica”.

Bolsonaro addirittura, con ostacoli burocratici, rimanda di tre mesi  l’aiuto di emergenza  di 600 reais (100 euro) al mese approvato dal Congresso per i più poveri. Sia attraverso la disseminazione incontrollata di Covid-19, sia con l’aggravamento della povertà ovviamente lui punta a creare il caos che giustifichi una risposta armata della milizia e dell’esercito, così come la chiusura delle istituzioni politiche. Un golpe che coinvolgesse militari, milizie e chiese evangeliche potrebbe salvare il presidente nonostante tutto bersagliato. Lui stesso e la sua famiglia sono esposti a numerosi indizi di corruzione e anche di assassinio ( ad esempio il caso della consigliera comunale Marielle Franco).

La regola del razzismo

La popolarità di Bolsonaro apparentemente è ancora abbastanza ampia e questo si deve in buona parte al razzismo subliminale del paese, che costituisce la base ideologica del suo potere. Dal momento che in Brasile il razzismo non può essere manifestato apertamente – dal 1930 si parla di “popolazione di razza mista” che risale al sociologo Gilberto Freire e all’ex presidente Getúlio Vargas che ha amministrato il paese fra 1930 e 1945 e governato dal 1950 al 1954- oggi esso è praticato dalla porta di servizio, diciamo così. Un modo è reinterpretare l’effetto razzista in una “lotta contro la corruzione”. È ciò che ha mostrato la Operazione Lava Jato, come furono denominate la indagini di corruzione nella semi pubblica Petrobras. L’obiettivo era distruggere il PT/Partito dei lavoratori e Lula, con l’appoggio della stampa  e … di processi giudiziari manipolati. La stampa brasiliana e internazionale ha elogiato il processo della Lava Jato come il maggior colpo alla corruzione nel paese. Di fatto esso è servito alla élite politica e alla classe media bianca per giustificare il razzismo contro i poveri. Infatti durante i governi di centro sinistra 2003-2016 il PT aveva facilitato, ad esempio, l’accesso all’università per persone povere e nere, passando da tre a otto milioni di studenti. Molti della classe  media videro il proprio privilegio educativo in pericolo. Diffamando il PT come corrotto si corruppe la sovranità della maggioranza dei brasiliani e si rese possibile la deposizione anticostituzionale della presidente Dilma Rousseff.

Tuttavia il fattore decisivo per il successo di Bolsonaro è stato il sorgere e risorgere di un razzismo “popolare” in Brasile, con il cui aiuto si è spezzata la solidarietà di classe che il PT aveva costruito fra i più poveri dal 2002. Questo razzismo si manifesta fra le classi meno favorite nel contrapporre “poveri onesti” a “poveri delinquenti”. Il delinquente è un “criminale” come un piccolo trafficante o una prostituta, in maggioranza neri. Anche omosessuali sono marcati come “delinquenti”.

Il potere delle milizie

Vi è un altro fattore sul quale Bolsonaro basa il proprio potere: le milizie. Molte persone della Spazzatura Bianca, come Bolsonaro, fanno parte dei livelli inferiori delle forze armate o della forza di polizia organizzata militarmente, la Polizia militare. Di loro un numero grande serve anche le cosiddette milizie. Queste sono veri amministratori  e garanti dell’ordine nel paese. I poliziotti attivi nelle milizie sono l’appoggio armato più importante di Bolsonaro. Il principale affare della milizia è il traffico di droghe e il contrabbando di armi. Ma sfruttano anche i più poveri con servizi molto cari: dal gas da cucina all’accesso alla televisione, all’acqua, all’elettricità  e ai trasporti. Niente funziona senza la mediazione delle milizie e chi esce di strada viene assassinato. La milizia si vende come “fornitore di servizi pubblici” che elimina crimini e mantiene la comunità “pulita”. Bolsonaro e la sua famiglia non solo proteggono ufficiali della milizia, ma li considerano loro partner politici e amici. La vicinanza fra i due gruppi è dimostrata da un incidente avvenuto a giugno dello scorso anno (2019), quando la polizia spagnola ha confiscato 40 kg di cocaina da un soldato della delegazione Bolsonaro in scalo a Siviglia nel viaggio al vertice del G20 ad Osaka. L’incidente non ha ridotto il potere di Bolsonaro e anche nella crisi sanitaria la sua rete di poteri sembra ancora praticamente intatta. In essa ultime, ma non meno importanti, sono le chiese evagelicali. Esse fra l’altro  riciclano denari delle attività illegali delle milizie usati ad esempio per finanziare elezioni e così espandere la propria influenza.

Indigeni muoiono con coronavirus nelle barche prima di raggiungere gli ospedali

L’arrivo della malattia a comunità isolate è conseguenza di garimpeiros e trafficanti di legname illegali che negli ultimi mesi, soprattutto durante la pandemia, hanno aumentato le loro attività.

Le comunità amazzoniche portano i loro congiunti ammalati lungo la rete delle idrovie che solcano la foresta nella ricerca di cure mediche. Ma quando le barche attraccano a Manaus molti dei malati sono già spirati. “Il coronavirus non aspetta. Muoiono nelle barche”, ha detto  Arthur Virgílio, sindaco di Manaus. “La paura del genocídio non è eccessiva”, ripete  Carlos Nobres, climatologo di alto profilo internazionale.

Fonte: articolo di Andres Schipani e Bryan Harris (responsabile del Financial Times in Brasile) sul Financial Times di metà maggio, ripreso in molte sedi, incluso GGN del  15 maggio.

Traduzione e organizzazione di Teresa Isenburg; 17 maggio

“Se voi però avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro.  Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri” don Lorenzo Milani, “L’obbedienza non è più una virtù” 

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