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Conflitto in Somalia: tutto per un oleodotto

Dietro all’offensiva del Kenya in Somalia ci sono gli Stati Uniti e la   Francia. Fin qui nulla di nuovo. Lo ha svelato nei giorni scorsi il  portavoce  dell’esercito keniota, Emmanuel Chirchir, sostenendo che i  “Paesi occidentali”  – Washington e Parigi –  sono operativi  nell’offensiva militare del Kenya  e che la marina militare francese ha  “bombardato” la città di Kuday, vicino a  Chisimaio.
Una versione  smentita dall’Eliseo, secondo cui la Francia sta  fornendo solo “un  sostegno logistico, sotto forma di trasporto di materiali  all’interno  del territorio keniano”.  Non si comprende allora perché il  portavoce  keniota –che appare una fonte più che credibile – abbia rilasciato  certe  dichiarazioni che non si fanno certo “a cuor leggero”.
Per quanto   riguarda gli Stati Uniti, venerdì la televisione di Stato keniota ha  confermato  la notizia del giorno prima che droni Usa hanno ucciso 25  civili nel sud della  Somalia. Due giorni prima, martedì scorso, ad  Afmadow, un altro drone Usa ha  ucciso 29 persone e ne ha ferito un  centinaio.
Attacchi non confermati da  Washington che per ora preferisce il silenzio-assenso.
Ma le prove inchiodano  gli Stati Uniti, che starebbero utilizzando un  aeroporto civile dell’Etiopia  per lanciare i raid droni. Lo ha reso noto  il Washington Post, precisando che  l’aeroporto di Arba Minch, per cui  la Casa Bianca ha speso milioni di dollari  in ristrutturazioni, fa parte  di una rete di basi segrete Usa per utilizzare  gli aerei senza pilota  nel Corno d’Africa e nella Penisola Arabica.
La  notizia è stata  confermata dal portavoce dell’aviazione militare Usa, James  Fisher,  secondo cui un numero imprecisato di marines è operativo “per fornire   operazioni di supporto” alle truppe keniote in Somalia.  Secondo il   Washington Post il personale militare Usa e i contractors sarebbero  diventati  sempre più numerosi e visibili negli ultimi mesi ad Arba  Minch.  In questo  contesto, s’inserisce l’ammissione del governo keniota  che giovedì ha affermato  che l’offensiva militare nel sud della Somalia  era “in cantiere già da  tempo”.
Al di là del coinvolgimento  militare di Usa e Francia, ormai  certificato, ci si interroga sulle  ragioni che hanno spinto i due Paesi ad  intervenire. Si sa che la  Somalia è un vecchio pallino di Washington che più  volte ha tentato,  fallendo miseramente, di prendere il controllo del Corno  d’Africa,  regione strategica per il commercio internazionale e per il  sottosuolo  ricco di risorse naturali.
Ma c’è di più. Secondo il New York  Times,  Stati Uniti e Francia starebbero finanziando il progetto di un   oleodotto a Lamu, una località del Kenya, che dovrebbe collegare il  Paese  keniota con il Sud Sudan.  Si tratta di un oleodotto che  permetterebbe al  governo di Juba di “estrarre e raffinare il greggio  senza dover più dipendere  dalle infrastrutture del governo di Khartoum”  si legge sul quotidiano  statunitense. Nel sud del Sudan ci sono infatti i  giacimenti petroliferi, ma  nel nord ci sono le infrastrutture, gli  oleodotti e il terminale di Port Sudan.  C’è quindi il tentativo di  isolare il presidente sudanese al Bashir, che tempo  fa espulse dal Paese  le multinazionali occidentali, in particolare quelle  nordamericane.
Il nuovo progetto coinvolgerebbe anche la vicina Etiopia e  soprattutto  la Francia, che secondo il New York Times ha acquistato di recente  il  40% dei blocchi esplorativi a Lamu, diventando insieme alla Anadarko  Kenya  il principale operatore della zona.
Per la riuscita  dell’ambizioso progetto,  è però necessario mettere in sicurezza l’intera  zona, soprattutto quella della  Somalia.

Fonte: Rinascita

Tratto da:  Conflitto in Somalia: tutto per un oleodotto | Informare per Resistere http://informarexresistere.fr/2011/10/31/conflitto-in-somalia-tutto-per-un-oleodotto/#ixzz1cfEHujvK
– Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!

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