Articolo tratto da ” Le Scienze” di Davide Michielin .
Poche centinaia di navi da crociera inquinano quanto vari milioni di automobili. In Europa le aree portuali che più ne risentono sono quelle di Barcellona, Palma di Maiorca, Venezia e Civitavecchia
Lo speronamento di un battello da parte della nave da crociera MSC Opera, avvenuto il 2 giugno nel canale della Giudecca, ha riacceso i riflettori sull’impatto delle grandi navi nella laguna di Venezia e, più in generale, nelle località turistiche. Il cospicuo giro di affari che muove questi colossi del mare non turba solo il panorama o la quotidianità cittadina, sconvolta da turisti frettolosi che si trattengono poche ore, ma inquina e altera delicati equilibri ecologici. Non da ultimo, minaccia la salute dei residenti: in termini di inquinamento atmosferico, il traffico navale rimane il settore meno regolamentato dei trasporti.
Un rapporto pubblicato da “Transport & Environment” – coalizione europea che raduna le principali associazioni impegnate nella lotta all’inquinamento atmosferico – evidenzia come, nonostante l’esiguità del loro numero e la breve permanenza, in molte città portuali le navi da crociera rappresentino una sorgente imponente di emissioni inquinanti, in alcuni casi perfino maggiore del traffico veicolare. “Nelle città, le amministrazioni limitano la circolazione delle automobili a diesel più inquinanti. Eppure, accolgono navi da crociera alimentate da alcuni tra i carburanti in assoluto più sporchi”, ha commentato Faig Abbasov, coordinatore del gruppo di lavoro.
Basandosi sulle informazioni trasmesse dai sistemi di identificazione automatica (AIS) montati sugli scafi, i ricercatori hanno ricostruito gli spostamenti di 203 navi da crociera durante il 2017 all’interno della zona economica esclusiva delle nazioni europee. In quest’area, che si estende fino a 200 miglia nautiche (circa 370 chilometri) dalla costa, i paesi hanno pieno diritto di gestione e sfruttamento delle risorse naturali. Per ogni nave, è stato stimato il consumo e quindi le emissioni rilasciate in atmosfera, assumendo che gli armatori avessero rispettato i vincoli sul contenuto di zolfo dei carburanti usati e sulle emissioni di ossidi di azoto, che sono differenti a seconda delle aree attraversate.
Le aree più inquinate
Nel complesso, le navi da crociera hanno consumato 3267 chilotonnellate di carburante, emettendo in atmosfera 10.286 chilotonnellate di anidride carbonica (CO2), 155 di ossidi di azoto (NOX), 62 di ossidi di zolfo (SOX) e 10 di particolato (PM). I ricercatori hanno quindi valutato le emissioni nelle singole nazioni. Buona parte di esse si concentra nel Mediterraneo: per tutti gli inquinanti in cima alla lista figurano invariabilmente Spagna e Italia, seguite a distanza da Grecia, Francia e Norvegia. Secondo gli autori, le differenze fra le diverse località non riflettono solo l’entità del flusso turistico ma anche la maggiore permissività dei paesi mediterranei nei confronti del tenore di zolfo nei carburanti navali.
“I paesi del Nord Europa, ma anche gli Stati Uniti e la Cina, hanno istituito in diversi tratti di mare le cosiddette Aree a controllo delle emissioni (ECA) dentro le quali le navi sono obbligate a usare combustibili più puliti”, spiega a “Le Scienze” Daniele Contini, fisico dell’atmosfera presso l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (ISAC-CNR) di Lecce.
Qualcosa di simile è stato tentato anche in Italia, ma su base volontaria. “L’esperienza più longeva è la Venice Blue Flag. Si tratta di un accordo che impegna le navi a usare combustibili marittimi con un tenore di zolfo inferiore allo 0,1 per cento dentro l’intera area portuale di Venezia”, prosegue il fisico. Un passo avanti rispetto al limite dell’1,5 per cento previsto dalla “direttiva zolfo” per gli oli combustibili, ma ancora lontano da quello imposto alle autovetture (0,001 per cento).
Per quanto riguarda i singoli porti, secondo il rapporto di “Transport & Energy” il peggiore d’Europa è quello di Barcellona, seguito da Palma di Maiorca, Venezia, Civitavecchia e Southampton. Male anche Napoli (11° posto), Genova (12°), La Spezia (18°) e Savona (20°).
Un paragone impietoso
Nel confrontare le emissioni prodotte delle navi da crociera con quelle delle automobili, i ricercatori hanno adottato stime molto conservative, ipotizzando che l’intero parco auto del continente – più di 260 milioni di autovetture – sia mosso da motori diesel che rispettano gli standard. Le 141 navi da crociera che hanno solcato i mari italiani nel 2017 hanno rilasciato una quantità di ossidi di azoto pari al 17 per cento di quella teoricamente prodotta dai quasi 38 milioni di autoveicoli immatricolati in Italia. Per quanto riguarda il particolato, le emissioni delle crociere rappresentano circa il 12 per cento di quelle rilasciate da tutte le automobili. Tuttavia, è negli ossidi di zolfo che il paragone si è rivelato impietoso: nel complesso, l’inquinamento delle navi da crociera supera di oltre trenta volte quello veicolare.
Il principale ossido di zolfo presente in atmosfera è il biossido di zolfo (SO2), un gas incolore ma dal caratteristico odore pungente. “Il progressivo abbandono dei combustibili più sporchi ha innescato una graduale diminuzione delle concentrazioni. In prossimità delle aree portuali possono essere considerevoli ma è difficile che superino i limiti di legge, stabiliti nel passato quando i livelli di inquinamento erano ben più elevati”, spiega Contini.
Nel caso delle navi da crociera, ciò che desta più preoccupazione per la salute pubblica è pertanto l’esposizione acuta, imponente ma limitata alle poche ore di permanenza nel porto di questi colossi, con le macchine di bordo in esercizio. “Il biossido di zolfo è una molecola molto reattiva e solubile, irritante per le mucose dell’apparato respiratorio. Questo effetto è rafforzato dall’esposizione combinata con il particolato, che può veicolare in profondità nei polmoni composti irritanti che possono formarsi nell’atmosfera a partire dall’SO2 o da altri inquinanti”, ricorda a “Le Scienze” Raffaella Uccelli, epidemiologa del Laboratorio biosicurezza e stima del rischio dell’ENEA. Le persone più sensibili sono quelle che soffrono di asma e altre patologie bronchiali.
Fermo restando che l’intera miscela di gas e particelle che formano l’inquinamento atmosferico è classificata dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) all’interno del gruppo 1 degli agenti cancerogeni, cioè quelli certi, il biossido di zolfo desta meno preoccupazioni rispetto ad altri macroinquinanti. “Negli ultimi anni sono emerse alcune associazioni tra biossidi di azoto e alcuni tipi di tumore ma è ancora presto per esserne sicuri. A oggi, l’inquinante più pericoloso delle aree urbane rimane il particolato sospeso”, continua Uccelli.
Negli ultimi 12 anni, il gruppo di Daniele Contini si è occupato di misurare l’impatto del traffico marittimo, sia commerciale che turistico, nei principali porti del mare Adriatico. “In quelli più grandi, le emissioni di particolato sono comparabili a quelle prodotte dalle automobili nelle città di medie dimensioni. Tuttavia, i motori navali producono una gran quantità di particelle di piccolo diametro: se a livello di massa esse hanno un impatto sulle concentrazioni atmosferiche in prossimità delle aree portuali in media del 3-7 per cento del totale, in termini di impatto sulle concentrazioni in numero possono sfiorare il 20 per cento.”
Purtroppo, le attuali direttive europee si basano sul peso e non sul numero di particelle, che più sono piccole, più penetrano negli alveoli dei polmoni fino a raggiungere la circolazione sanguigna. “All’irritazione di tipo meccanico si può sommare l’effetto tossico o cancerogeno nel caso che portino con sé altre sostanze, come metalli pesanti o idrocarburi aromatici. Associare in maniera certa la malattia a una singola sorgente rimane tuttavia complesso: ogni giorno ci muoviamo all’interno di una miscela di inquinanti diversi che interagiscono tra loro. Una volta assorbiti dall’organismo, possono essere soggetti a ulteriori trasformazioni chimiche in composti talvolta più tossici e agire in sinergia su specifici organi bersaglio”, conclude Uccelli. Ma questa, è una storia più grande, che non riguarda solo i camini delle città galleggianti.