Social Street e Pop Economy, il futuro cominci ora!
L’esperienza di via Fondazza, la prima Social Street italiana e la Pop Economy di Loretta Napoleoni.
di Alessandro Canella Bologna torna ad essere laboratorio sociale con l’esperienza della Social Street di via Fondazza, ispirata alla Pop Economy. Loretta Napoleoni: “Occorre agire prima che ci sia troppo degrado economico”. Domenica un incontro aperto a tutti tra l’analista e i residenti di via Fondazza.
È a Bologna, in via Fondazza, la prima Social Street italiana. Nella via cittadina i residenti hanno smesso di essere dei “perfetti sconosciuti” e hanno iniziato a condividere riflessioni, servizi, acquisti e mutuo aiuto. “L’obiettivo del Social Street – spiega Federico Bastiani, portavoce dei residenti – è quello di socializzare con i vicini della propria strada di residenza al fine di instaurare un legame, condividere necessità, scambiarsi professionalità, conoscenze, portare avanti progetti collettivi di interesse comune e trarre quindi tutti i benefici derivanti da una maggiore interazione sociale”.
Le esperienza si ispira al concetto di “pop economy” postulato dalla giornalista ed analista politica Loretta Napoleoni, che incontrerà proprio i cittadini domenica prossima, 17 novembre, alle 16.00 presso il Centro di Documentazione delle di via del Piombo 5.
Condivisione, mutuo aiuto, scambio: strategie per sopravvivere alla crisi economica che ci vengono dalla tradizione popolare dei nostri nonni, ma che assumono un significato nuovo nel contesto in cui ci troviamo.
È la stessa Napoleoni a spiegare ai nostri microfoni cosa sta dietro alla filosofia: “La pop economy, ovvero l’economia popolare, è una strategia per sopravvivere alla crisi economica e trasformare il capitalismo incentrato sull’individualismo in un sistema più collettivo”.
Il capitalismo non funziona più, ed è sotto gli occhi di tutti, nonostante il “pensiero unico” europeo, che si traduce in politiche di austerity. Il nuovo modello, dunque, potrebbe essere l’economia della condivisione.
La “pop economy”, a chi mastica questi temi, sembrerà vicina al concetto di “welfare di comunità” postulato da altre correnti socio-economiche, come ad esempio la “decrescita felice” di Serge Latouche. “Ha molti tratti simili – spiega Napoleoni – ma la differenza sostanziale è che la “pop economy” si propone di far tornare a crescere l’economia, ma spostando l’azione dalla dimensione individuale a quella collettiva”. L’analista insiste sull’idea che la crescita sia qualitativa e non quantitativa.
I detrattori di modelli alternativi spesso obiettano che filosofie del genere non siano applicabili a settori come la sanità. Un’idea che non trova d’accordo Napoleoni: “Tante attività mediche possono essere decentralizzate e molto di ciò che oggi svolgono i medici, può essere svolto da infermieri qualificati”. Lo stesso “Obama Care”, la riforma sanitaria proposta dal presidente statunitense, secondo Napoleoni, va in questo senso: “Una società che non dà a tutti l’opportunità di avere salute e prevenzione buone, dovrà poi sostenere i costi delle malattie che si presentano”.
E la ricerca scientifica o l’innovazione tecnologica? Anche in questo caso Napoleoni precisa: “Non auspichiamo il ritorno al comunismo sovietico, ma una riforma del sistema capitalistico traslandolo dall’individuo alla comunità”. In questo senso sarà via Fondazza ad essere un consumatore e non i 150 residenti della strada.
Molti esempi in tal senso esistono già, ad esempio sul sistema dei trasporti, con esperienze di car sharing, car pooling e simili. Se esperienze di questo tipo prendessero piede, anche la aziende tarerebbero in modo diverso i propri target.
Secondo Napoleoni, infine, questo è il momento giusto per dare vita ad esperimenti di questo tipo. Aspettare potrebbe essere dannoso e renderli impraticabili. “Le social streets possono funzionare finché non si è raggiunto un livello elevato di degrado economico. Se le condizioni materiali delle persone continuano a peggiorare, si assisterà alla guerra tra poveri, che in Italia già esiste. Non a caso io ho postulato l’idea della ‘pop economy’ nel 2010”.
Detta in altre parole, è il ceto medio che si sta impoverendo quello che dovrebbe raccoglierequesta sfida.